Carrie Page

Ieri sera ho finito di vedere la terza stagione di Twin Peaks per la terza volta. Dopo le due visioni semipiratesche anno 2017, ho guardato uno per uno i dvd del cofanetto. Alla fine, quando Carrie urla udendo la voce di Sarah che grida Laura, m’è scappato un urlo anche a me. Di terrore puro.

Ovviamente non vuol dire nulla, se non che l’immersione audiovisiva in un racconto che ti piace può non avere limiti e suscitare, ogni volta, emozioni nuove o anche più forti rispetto alle esperienze già fatte. Eppure non posso nascondere la fascinazione crescente per il personaggio di Carrie Page e per l’universo in cui si muove a partire dalla “parte diciotto”, dopo il “crossing” di Dale/Diane/Richard/Linda. Niente teorie, niente lampadine che s’accendono tra un nesso e l’altro. Suggestioni. E l’auspicio che Wisteria le alimenti oltre.

Carrie è una persona normale. Le manca lo sfondo glamoroso della Red Room, la cosa più maledettista di cui dispone è un vecchio cadavere sul divano, non parla per enigmi, al massimo dice di aver sempre tentato di tenere la casa pulita. Ovvio, abita un corpo con una storia, che è quello di Sheryl Lee e quindi di Laura. Ma come sappiamo dall’episodio appena precedente, che trasforma il film e il pilot della prima stagione in opere aperte (il resto non conta più) il delitto mitopoietico è stato cancellato. Siamo su un binario nuovo. Non si sa il come e il perché, tanto meno il quando (What year is this?). L’intero episodio pare ricoperto da un talco rosa che forse è polvere. Tutto è piano, apodittico, minaccioso e piatto. Il corpo di Carrie apre una porta, oppone una resistenza d’ufficio, si lascia motivare – quel tanto che basta – e scarrozzare, accompagna Dale a un’altra porta che aumenta il senso di tranello latente (Chalfont/Tremond, nomi nudi ben noti a chi conosce la serie a menadito). Poi, su una strada umida, di notte, un dubbio e un riverbero inconscio, alle soglie del cognitivo. E quell’urlo lancinante con le luci di casa che saltano. O pulsano. Comunque sia, dopo è buio.

Carrie Page porta con sé una pagina nuova, una tabula rasa. E’ l’antico che si fa vettore di un nuovo sconcertante in quanto privo di qualsiasi bussola. A maggior ragione poiché si presenta in una veste sottotono, un’ordinarietà che confina con lo squallido. Carrie Page è una radio da chissà dove che lancia segnali disturbati. La mia preghiera laica è che continui a farlo finché potremo tendere l’orecchio.